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Magni Image Flip For WooCommerce Inviato da iPad L'articolo Magni Image Flip For WooCommerce – WordPress p proviene da Fingerpicking.net.
(di Zack il Bianco) Quante volte abbiamo sentito dire «Sì, ora suona bene, ma vedrai tra una decina di anni quando il legno sarà ben stagionato», e abbiamo atteso per giorni, mesi e anni che quel momento magico arrivasse? E se un bel giorno un giapponese vi dicesse che è in grado di far invecchiare velocemente la vostra signora, come la prendereste? Non bene, immagino. A meno che non si riferisca alla vostra chitarra, nel qual caso aguzzereste le orecchie e gli chiedereste di raccontarvi tutto sul thermal top. All’Acoustic Guitar Village di Cremona Musica mi sono imbattuto in una fantastica dreadnought un po’ ‘abbronzata’ di Takamine, la EF340S-TT, ed è stato amore al primo tocco. Il segreto della qualità timbrica e della quantità di suono di questi modelli risiede in una nuova tecnologia chiamata thermal top, che consiste in un processo di invecchiamento accelerato dei piani armonici delle chitarre: la procedura prevede l’essiccazione dei legni in forni ad alta temperatura e a bassissima concentrazione di ossigeno; ciò conferisce, anche agli strumenti nuovi, caratteristiche sonore timbriche e armoniche simili a quelle che sviluppano strumenti suonati per molti anni. È incredibile che siano i giapponesi ad architettare questo sistema di cottura del legno: proprio loro che ci hanno colonizzati con il pesce crudo, ora vogliono farci credere che sia una buona idea cuocere le chitarre? Eppure il mio orecchio non mi ha tradito neanche la seconda volta che le ho sentite in azione in un noto negozio di Tortona, in occasione del Takamine Day tenuto da Alessandro Formenti e organizzato da Gold Music S.r.l, distributore italiano del marchio. Quindi ho deciso di riprovarle con un po’ più di calma nel silenzio del mio studio. I modelli che ho scelto per la prova sono la sopracitata dreadnought EF340S-TT e una EF740FS-TT (Grand Auditorium Cutaway), due strumenti differenti, ma con alcune similitudini. Hanno gli stessi legni, con un bellissimo top in abete massello scurito… dal tempo? No, dalla cottura! Le striature del legno sono così strette e sottili, che generano una sorta di effetto ondulato, davvero suggestivo. Il fondo e fasce è per entrambe in mogano massello di un rossiccio fiammante, con binding in cellulosa tartarugato, ponte con selletta spezzata e stessa profondità di cassa per entrambe. Grande cura per i dettagli che, nonostante la semplicità, lasciano subito intendere che siamo in una fascia alta della produzione Takamine. Le analogie tra i due strumenti finiscono qui. Differente la forma, paletta slotted e nut da 47,5 mm per la Grand Auditorium: questa stupenda creatura risulta subito più morbida al tatto e più incline al fingerpicking. Con l’interspazio tra le corde un po’ più ampio e una bassa tensione, risulta facilissima da pizzicare anche nelle parti più alte del manico, facilmente raggiungibili grazie alla spalla mancante e al tacco piatto che lascia più spazio alla mano sinistra. È la prima volta che una chitarra con attaccatura del manico al dodicesimo tasto non mi dia quella strana sensazione di avere per le mani uno strumento più corto… oltre che più ‘cotto’. Noto subito un attacco notevole del suono, caratteristica che ci si aspetterebbe da un top in cedro. Ma questo trattamento sembra davvero aver prodotto i suoi frutti. Passo istintivamente dall’arpeggio con le dita a fraseggi più ritmici e, anche questa volta, la cassa profonda premia garantendo un’ampia dinamica, lo strumento risponde bene anche a plettrate decise. Il suono è ben equilibrato, con una maggiore ‘frizzantezza’ sui medio-alti grazie al mogano, caratteristica ideale sia in registrazione che in live con altri strumenti: questo leggero boost sui medi, unito all’attacco, garantisce un’ottima capacità di ‘bucare il mix’; espressione che noi chitarristi acustici abbiamo ormai assimilato, sostituendola alla più tecnicamente definita ‘capacità di proiezione del suono’ di uno strumento. Per testare questa mia impressione mi è bastato registrare pochi accordi con un pianoforte e un basso elettrico, per poi passare alla Grand Auditorium e confermare la magia del mogano quando, senza bisogno di equalizzare la traccia della chitarra, il suono resta ben percepibile ed efficace. Il manico è meravigliosamente sottile e, oltre il XII tasto, persino i bending più ostili sono facilmente affrontabili, senza perdere l’accordatura! Lo strumming con le dita, alla Ed Sheeran per intenderci, è uno dei privilegi che ci possiamo concedere con questo modello, proprio grazie alla combinazione tra la bassa tensione delle corde e la profondità della cassa, che garantisce un ottimo volume. Passando alla Dreadnought, la prima differenza la notiamo nel manico decisamente più abbondante. Stupisce però la comodità, che trova giustificazione nell’ingegnoso asymmetrical neck: un manico sagomato in una ‘C’ asimmetrica, dunque in grado di essere alloggiato con maggiore naturalezza all’interno della mano, riducendo la distanza che il polso deve colmare quando il pollice viene spostato verso la sesta corda: incredibilmente facile infatti suonare con il pollice della mano sinistra sui bassi, alla John Mayer o Damien Rice. Il tipo di voce resta molto simile alla Grand Auditorium, ma la tensione leggermente maggiore permette di spingere di più sulle corde, guadagnando ulteriormente volume anche se il suono resta compatto, come se ci fosse una sorta di compressione naturale che rende l’esecuzione sempre molto omogenea. Il nut leggermente più stretto, da 45 mm, è il mio preferito e lo riconosco subito: su parti in arpeggio con il plettro, mi sento a casa (be’, in effetti ci sono!); e anche con le dita risulta piacevole. I bassi sembrano più definiti. Suono nel complesso meno avvolgente, ma più dettagliato: è come se le qualità sonore del mogano, su questo modello, siano più enfatizzate. Questa chitarra è particolarmente consigliata e apprezzabile per plettratori pesanti, con la mano destra di Thor, come la mia. Da ‘spente’ mi hanno ampiamente convinto entrambe. Ma da amplificate? Apparentemente sembrerebbero sprovviste di sistema di amplificazione, visto che non si nota alcun comando nella buca. Invece sono dotate del leggendario pickup Palathetic con TLD-2 Line Driver Preamp, presente su tutte le Takamine di produzione giapponese. Si tratta di un antenato del famoso AP5 di Maton, ideato e sviluppato da Takamine. Utilizza sei elementi piezoelettrici individuali e schermati, uno per corda, con una massa dodici volte superiore a quella di un normale piezo (a barretta). I sei elementi penetrano all’interno del ponte e della tavola armonica, quindi il pickup è incastonato nel top e nel ponte della chitarra, creando in tal modo una connessione sonica anche con il top. Il risultato è un output che possiede la definizione derivante da un segnale individuale, corda per corda, unito alla ricchezza armonica proveniente dalla vibrazione del top. Il tutto è gestito da un preamp a stato solido (alimentato da una singola batteria da 9 V), pressoché invisibile. All’interno dell’alloggiamento della femmina della presa jack è presente il cuore del preamplificatore, con tre piccoli trimmer per la regolazione di bassi, medi e acuti. Le regolazioni sono in ogni caso già effettuate dalla casa su ogni singolo esemplare. Il risultato è semplicemente incredibile: grande resistenza al feedback, naturalezza, ma anche grande risposta alla dinamica in caso di forte pressione, cosa che normalmente mette in crisi i classici sistemi piezoelettrici. Facile per me tirare le somme di un test così piacevole: siamo di fronte a due esemplari di razza, solidi e convincenti nel suono, nella suonabilità e nella cura dei dettagli, affidabili sia in live che in studio. Ciò che però colpisce è la sensazione di avere tra le mani chitarre molto risonanti, con grande sustain e ricchezza armonica, senza zone morte sulla tastiera: caratteristiche che si ritrovano su strumenti vissuti, non solo invecchiati, ma sopratutto suonati per lungo tempo. Credo che in futuro questo sistema di invecchiamento precoce del legno diventerà uno standard e sinceramente, sentiti i risultati, me lo auguro. Ma nel frattempo, mi raccomando, non provate a cuocere da soli le vostre chitarre! Zack il Bianco Scheda tecnica Takamine EF340S-TT (Dreadnought) Piano armonico: abete Sitka massello trattato con tecnologia thermal Fasce e fondo: mogano americano massello Manico: mogano con profilo asymmetrical neck Tastiera: ebano Ponte: ebano con split saddle Segnaposizione: dot in madreperla Capotasto: 45 mm in osso Scala: 644 mm Sellette: osso Piroli: ebano con dot in madreperla Meccaniche: Gotoh Vintage Nickel open gear Battipenna: tartarugato Binding: tartarugato Pickup: Palathetic con TLD-2 Line Driver Preamp Finitura: lucida per la cassa, satinata per il manico Astuccio: Takamine GC-200 rigido Street Price: € 1749 Scheda tecnica Takamine EF740FS-TT (Grand Auditorium Cutaway) Piano Armonico: abete massello trattato con tecnologia thermal Fasce e fondo: sapele massello Manico: mogano con profilo asymmetrical neck, attacco al XII tasto Tastiera: ebano Ponte: ebano con split saddle Segnaposizione: dot in madreperla Capotasto: 47,5 mm in osso Scala: 644 mm Sellette: osso Piroli: ebano con dot in madreperla Meccaniche: Gotoh Vintage for slotted headstock Rosetta: abalone Battipenna: tartarugato Binding: tartarugato Pickup: Palathetic con TLD-2 Line Driver Preamp Finitura: lucida per la cassa, satinata per il manico Astuccio: Takamine GC-700D rigido Street Price: € 2199 L'articolo Takamine Thermal Top proviene da Fingerpicking.net.
Miriam Foresti esordisce con il CD Il giardino segreto, pubblicato con l’etichetta Isola Tobia Label, una bella opera prima che ripone nella gentilezza musicale e vocale, nella scrittura elegante, nella poeticità e leggerezza delle immagini letterarie la sua identità artistica. Si può sempre ricominciare, non è mai troppo tardi per recuperare o riparare ad un errore: è questo il messaggio nascosto in quel ‘giardino segreto’ che, parafrasando il titolo di un romanzo per ragazzi di inizi ’900 di Frances Hodgson Burnett, la cantautrice romana e aquilana d’adozione ha eletto a suo luogo dell’anima. Così come le piante di un giardino trascurato possono rinascere grazie all’amore e alla dedizione, altrettanto può rifiorire un animo ferito con la cura delle piccole e preziose cose. Non a caso il disco inizia con una traccia che ha per titolo “L’odore delle piccole cose”, quel bisogno profondo di riacquistare fiducia in sé stessi e nella vita godendo di piccole cose, per rinascere dopo un grande dolore, il terremoto de L’Aquila. Il disco contiene dieci brani originali, dei quali Miriam ha scritto musica, testi e arrangiamenti. Dieci tracce che attraverso sonorità folk, pop e jazz riassumono un percorso musicale con omaggi e citazioni, da Joni Mitchell in “Persa nel blu” a Nick Drake, cui è dedicata “I Know a Place”, uno dei due brani in inglese; l’altro, “Father”, è un toccante gospel. L’universo jazz – Miriam è diplomata appunto in canto jazz – è omaggiato con un’interessante rivisitazione sul giro armonico del noto standard “There Will Never Be Another You”, intitolata “Quella sera”, in cui la Foresti libera la sua voce educata, espressiva, e soprattutto molto convincente. Il disco è stato registrato alla Casa del Jazz di Roma praticamente in presa diretta, con pochissime sovraincisioni e suonato da ottimi musicisti. A cominciare dalla stessa Miriam Foresti alla chitarra acustica, con il suo stile ispirato al fingerstyle e alle accordature aperte dei sopracitati Mitchell e Drake, che assume un ruolo centrale in tutti i brani, per arrivare all’ospite di lusso, Javier Girotto, che con il suo sax soprano è presente su due tracce: la già menzionata “I Know A Place” e “Domani ricomincio”, un delicato funky dal testo autoironico, che invita a sostituire alla noiosa e irraggiungibile perfezione la bella e umana imperfezione. Miriam Foresti è una brava cantante e autrice di canzoni, e Il giardino segreto un disco d’esordio in cui sensibilità, maturità e freschezza trovano un invidiabile equilibrio. Gabriele Longo L'articolo Miriam Foresti “Il giardino segreto” proviene da Fingerpicking.net.
(di Marco Alderotti) – Vista l’occasione, non potevo farmi scappare questa nuova e bellissima Taylor 322ce 12-Fret arrivata in negozio pochi giorni fa direttamente dallo stabilimento californiano, dove è stata progettata e realizzata. È una 12 tasti ‘fuori corpo’ con una scala di 632 mm, più corta rispetto alle classiche Grand Concert, ma di sicuro più maneggevole e comoda grazie anche al ponte posizionato più vicino alla buca. Il corpo ha una spalla mancante, che agevola non poco l’accesso agli ultimi tasti senza alcun tipo di sforzo. Lo strumento è costruito utilizzando legni nobili, con top in mogano e fasce e fondo in blackwood con venature pronunciate e molto belle a vedersi. Anche il manico è in un unico blocco in mogano, con una sezione a ‘C’, comodo e scorrevole, mentre per tastiera e ponte la scelta è andata a favore dell’ebano, molto scuro e compatto. Sulla stessa tastiera sono presenti dei piccoli intarsi a forma di diamante, ben realizzati in acrilico, e i 18 tasti di medie dimensioni sono posizionati, rifiniti e lucidati alla perfezione. Gli amanti del marchio apprezzeranno la costruzione, con un’accuratezza nei dettagli fuori dal comune: anche dentro la buca tutto è al suo posto, senza alcun tipo di imperfezione. La paletta di tipo slotted monta sei meccaniche a ingranaggi scoperti, realizzate da Taylor con palettine in ebano. Sempre sulla paletta, oltre allo stemma del brand, è presente il coperchio per accedere alla regolazione del truss rod. Nut e traversino sono in Tusq bianco, mentre sul corpo è presente un binding caratterizzato da una fascetta in nero più fili sottili in bianco, con un motivo semplice e gradevole ripreso sulla rosetta. La colorazione della chitarra è molto scura, con la tavola armonica in shaded edge burst con finitura satinata, come il resto dello strumento. Sul top, come di consueto, è applicato un elegante battipenna dal disegno originale in colorazione nera. Lo strumento è amplificato con il sistema proprietario Expression System 2, prevede il secondo bottone per la tracolla ed è dotato di serie di un’ottima custodia rigida. La nuova Taylor ricalca la tradizione del marchio con un modello acustico semplice e comodo da suonare, che sicuramente i tanti chitarristi elettrici apprezzeranno. E, grazie anche al sempre più apprezzato V-Class Bracing, il suono rimane nitido con grande proiezione, volume e un sustain di tutto rispetto, che farà innamorare molti già da subito. Il primo impatto è più che positivo, sia per leggerezza che per bilanciamento, con pesi ben distribuiti e un setup di fabbrica che, per il mio modo di suonare, risulta più che perfetto. Sia che si suoni in strumming, sia che si suoni in flatpicking, il suono che riempie la stanza è ‘enorme’, fluido, con grande potenza e calore considerando anche le dimensioni ridotte del body, con medi-alti frizzanti, ma musicali e mai fastidiosi. E anche usando il thumbpick i risultati ottenuti sono di gran classe, con un timbro presente e maestoso, in particolare usando accordature aperte. La semplicità con cui si realizzano i bending è da non credere, e quasi sembra di avere una chitarra elettrica tanta è la comodità nel suonare. Il nut di 44,5 mm, anche se potrà risultare ‘strettino’ per molti, lo trovo personalmente familiare essendo abituato a strumenti Maton. In versione elettrificata il ben noto Expression System 2 restituisce abbastanza fedelmente le caratteristiche sonore già apprezzate in unplugged. E, grazie alle sole tre rotelline poste sulla fascia superiore del corpo, adibite a volume, bassi e alti, non è difficile ritagliarsi un buon suono. Ho voluto provare anche regolazioni estreme, per sentire effettivamente come l’Expression System 2 reagisca a tanta ‘cattiveria’. Ma, tutto sommato, il timbro di base rimane nitido e bilanciato e mai aspro, sempre rispettando la voce naturale della chitarra. La 322ce è consigliata a chi necessita di uno strumento tuttofare, comodo nel suonare e dall’estetica azzeccata, con un rapporto qualità/prezzo vincente. Da provare. marcoalderotti1966@gmail.com Strumento gentilmente concesso per la prova da Niccolai Grandi Magazzini della Musica di Vicopisano (Pisa ) Scheda tecnica Taylor 322ce 12-Fret V-Class Tipo: chitarra acustica elettrificata Costruzione: USA Distributore: www.taylorguitars.com Top: mogano massello Fasce e fondo: blackwood massello Manico: mogano Tastiera e ponte: ebano Scala: 632 mm Nut e traversino: Tusq bianco Meccaniche: Taylor Slot Head Tasti: 18 Elettronica: Expression System 2 Prezzo: € 2499 (IVA inclusa) L'articolo Taylor 322ce 12-Fret V-Class proviene da Fingerpicking.net.
(di Luca Masperone) – Venerdì 29 novembre 2019, presso Ground Custom Liuterie Inedite a Milano, si è svolta in anteprima la presentazione del nuovo libro del maestro della chitarra acustica Pietro Nobile. Chitarra Fingerstyle – Metodo di base con approfondimenti tecnici è il titolo del volume, e noi abbiamo partecipato alla serata, organizzata dal chitarrista Gabriele Cento, tra esibizioni dal vivo e approfondimenti del testo. Iniziamo con il parlare della location dell’evento: Ground Custom, che ha l’aspetto di un salotto artistico con splendide chitarre artigianali in esposizione, nasce dall’unione di tre liutai, tre creativi che hanno portato i loro laboratori e marchi in un ambiente di condivisione. Stiamo parlando di Fabio Molinelli (Molinelli Guitars), Rossella Canzi (Ross Liuteria) ed Emanuele D’Alò (Shank Instruments). Gli ultimi due sono anche i responsabili delle batterie DrumMa. Torniamo alla presentazione. Pietro suona alcuni dei suoi pezzi storici, composizioni personali dalla forte carica melodica, eseguiti con il suo tocco preciso e controllato, e forti di un suono che Nobile ha affinato negli anni, in particolare per quanto riguarda la regolazione del riverbero. Gabriele Cento suona con lui alcuni brani, poi inizia la presentazione vera e propria con l’analisi del nuovo libro, appena pubblicato da Volontè & Co. A parlarne, il sottoscritto assieme a Nobile e all’editore Marco Volontè. Il testo parte davvero da zero, soffermandosi per tutto il tempo necessario sulle basi della chitarra acustica suonata con le dita della mano destra. Ogni aspetto e argomento viene trattato con molta cura attraverso una serie di esercizi e brani dedicati, presenti sia in formato audio su CD che in formato video in streaming gratuito: argomenti chiave come gli arpeggi con le corde a vuoto (ben 37 esercizi solo su questi), o i concetti di dita ‘cardine’ e dita ‘guida’, che permettono al principiante assoluto di sviluppare in modo molto graduale un controllo dello strumento, ma sono utili anche a chi già suona da tempo, per fare un controllo della propria tecnica e migliorarla. Infatti il testo, man mano che progredisce nelle sue 152 pagine, sviscera anche tecniche più avanzate, come crosspicking, delayed pull-off e delayed hammering, così come le accordature aperte e brani originali polifonici composti appositamente per mettere in pratica ciò che si è imparato in fase di esercizio. In definitiva il metodo è indicato anche per il chitarrista elettrico che voglia avvicinarsi (o riavvicinarsi!) al fingerstyle. L’aspetto che personalmente ho apprezzato di più, e che ho avuto modo di sottolineare anche mentre la presentazione volgeva al termine, sono le lunghe parti di testo dove Nobile condivide alcune sue idee e nozioni, dai consigli su come memorizzare i brani, come controllare la paura del palco, come cavarsela in caso di errore o momentaneo black-out, fino alla cura delle unghie, passando per l’approccio allo studio e allo sviluppo della creatività. (l.m.) Pietro Nobile, Chitarra Fingerstyle – Metodo di base con approfondimenti tecnici, Volontè & Co., 2019 L'articolo Pietro Nobile – Il nuovo libro sulla “Chitarra Fingerstyle” proviene da Fingerpicking.net.
La Legge di Bilancio 2020 introduce ai commi 346 e 347 la detraibilità del 19% per un importo non superiore a 1000 euro di spese sostenute, anche nell’interesse dei familiari fiscalmente a carico, da contribuenti con reddito complessivo non superiore a 36.000 euro per lo studio e la pratica della musica di ragazzi tra i 5 e i 18 anni, presso conservatòri di musica, istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica (AFAM), cori, bande e scuole di musica riconosciute da una pubblica amministrazione. La detrazione spetterà dall’anno di imposta in corso alla data del 1° gennaio 2021. È un risultato importante che va nella direzione di porre lo studio e la pratica musicale, almeno fiscalmente, al pari di quella sportiva, che da sempre gode di queste agevolazioni. Inoltre questo emendamento agisce nella direzione di un investimento sia socio-culturale che economico: da un lato infatti favorisce l’esperienza libera, creativa e artistica, attraverso la musica, delle nuove generazioni; dall’altro incentiva le famiglie a scegliere realtà riconosciute, riducendo i fenomeni di evasione fiscale. Si è arrivati al risultato di oggi grazie soprattutto alla spinta dell’ARCI Nazionale e dei senatori Vasco Errani e Loredana De Petris, oltre al deputato Claudio Mancini, che l’hanno presentato e difeso, e al Ministro dell’economia Roberto Gualtieri che ne ha dato parere favorevole. (fonte: http://forumeducazionemusicale.it) Sulla carta una piccola, grande vittoria… Anche se mi lascia qualche perplessità: in molte scuole di musica comunali e/o parificate era già previsto uno sconto del 50% circa per le famiglie a basso reddito. Le due cose si andranno a sommare, oppure la nuova normativa sosituià quella precedente? Al momento, da una veloce indagine in rete non sono riuscito a scoprire molto, perché i tariffari per l’anno 2020 non sono ancora disponibili su nessun sito delle varie scuole. Se qualcuno ha notizie aggiornate, come sempre mi farebbe piacere approfondire il discorso sulle pagine del nostro sito. Mario Giovannini L'articolo Detrazioni in musica proviene da Fingerpicking.net.
È online il numero 02/2020 di Chitarra Acustica, di cui potete leggere l’editoriale di presentazione e che potete sfogliare, scaricare o richiedere nella sua versione cartacea su fingerpickingshop.com o nei migliori negozi di strumenti musicali. Se guardi Sanremo non vai all’inferno Ogni anno la stessa storia: il Festival di Sanremo ha la capacità di dividere uomini e opinioni. Questa divisione non è frutto di una mediazione ponderata, o di un’analisi dei pro e contro di uno o dell’altro schieramento. È una spaccatura netta, frequentata dai favorevoli o dagli assolutamente contrari. Le motivazioni non sono comprensibili: si difende la propria idea utilizzando affermazioni o dinieghi che non hanno alla base concrete e argomentate motivazioni, ma semplici esternazioni in cui si afferma la propria scelta come la migliore, e quella altrui come la peggiore. Anzi, deprecabile e ingiustificabile. Prendere posizione significa ottenere il cinquanta per cento di consensi, ma altrettante contestazioni. Perché è proprio così: l’Italia si spacca di fronte a questo evento esattamente a metà, dimenticando problemi più ‘ameni’, come la prescrizione, il costante declino del nostro PIL, il virus appena arrivato fresco fresco dalla Cina… dove tutti, pochi mesi fa, siamo andati a cercare chitarre ed emozioni. Per queste ultime, bastava spostare la fiera di Shangai di qualche mese per rischiare di portarne a casa in quantità… Ma io sono uno di quelli che segue con curiosità e piacere l’evento sanremese. E non è colpa dell’età: questo piacere lo coltivavo anche da giovane. Infatti, quand’ero un ribelle scapestrato – e poco sono cambiato da allora – condividevo con gli amici questa tre giorni (all’epoca erano solo tre le giornate) e tra focaccia messinese, arancini e birra, si discuteva e si costruivano pronostici. Era l’occasione per un nuovo incontro. Una sorta di secondo tempo del Natale. Una piacevole ripresa delle festività appena passate, in cui ci si vedeva per il piacere di stare insieme, fomentando e analizzando quelle polemiche che da sempre hanno accompagnato il festival. L’evento era l’attrazione, la musica il contorno, forse l’alibi che offriva concitati argomenti di confronto. Dopo tanti anni non è cambiato nulla. Non tutto è stato rose e fiori: ci sono stati momenti tristi, molto tristi, da dimenticare; così come episodi e canzoni di grande livello e personaggi indimenticabili. Perché allora etichettare tutto come negativo o positivo? Si finisce come in politica, dove si ragiona per correnti e non per idee, ignorando il bene e il male che c’è in ognuno di noi. Il festival non pretende di competere con i concerti brandeburghesi di Bach o le improvvisazioni di Keith Jarrett a Colonia. È solo un modo per farci ascoltare un po’ di musica, alcune volte scadente, altre volte di buon livello, arricchita da storie, polemiche, curiosità e pettegolezzi. Certo, quest’anno non ho goduto delle peripezie tecniche di qualche emulo di Tommy Emmanuel o del tapping ritmato di qualche nostalgico di Michael Hedges. Per fortuna… Ma… devo confessare che mi ha molto divertito la spensieratezza di Francesco Gabbani, l’estrosità di Achille Lauro, la personalità di Tosca, l’arroganza di Morgan, la melanconia di Jannacci figlio. Insomma tutti hanno avuto un ruolo e tutti si sono messi in gioco, regalando a questo paese un po’ di leggerezza, di cui da tempo si sentiva bisogno. Grazie Sanremo, al prossimo anno. E buon fingerpicking! Reno Brandoni L'articolo È online “Chitarra Acustica” n. 02/2020 proviene da Fingerpicking.net.
(di Marco Alderotti) – È già da un po’ che nella mia testa mi perseguita l’immagine di una chitarra dalle dimensioni mini con un buon suono e, ovviamente, dal costo contenuto. Ma tra le molte novità oggi disponibili sul mercato questa è quella che mi ha colpito maggiormente. Sto parlando della nuova Crafter Mino/Walnut, strumento dalle dimensioni ridotte, ma che promette performance di ottimo livello. Di costruzione cinese, la chitarra fa parte della serie Mino con quattro modelli disponibili a catalogo, che differiscono sostanzialmente per la scelta dei legni. Il modello da me testato è la Mino/Walnut con fasce e fondo in noce laminato, molto figurato e bello a vedersi. La serie comprende poi la Mino/Mahogany con fasce e fondo in mogano laminato, la Mino/Koa con fasce e fondo in koa laminato, e la Mino/Alm interamente in mogano, con tavola armonica sempre dello stesso materiale ma in massello, mentre le prime tre versioni hanno il top in abete Sitka massello, con venature discrete e di buona qualità. Sul corpo della Mino/Walnut è presente un semplice ed elegante binding, caratterizzato da un mix di noce con due fili sottili in bianco di materiale plastico. Sul bordo superiore del top è presente un bellissimo e comodo armrest, che il nostro avambraccio destro ringrazierà per comodità e semplicità di utilizzo nel suonare. Sia la tastiera che il ponte sono realizzati in ebano di buona qualità. I 20 tasti disponibili sono montati correttamente, anche se non perfettamente rifiniti sui bordi. Sulla tastiera sono presenti dei minidot a forma circolare e, al dodicesimo tasto, un simpatico simbolo a forma di farfalla, tutti realizzati in mogano, che impreziosiscono a parer mio l’eleganza della chitarra. La paletta, impiallacciata in ebano e dal disegno semplice, è di tipo slotted con le sei meccaniche Grover nichelate a ingranaggi scoperti, che garantiscono un buon funzionamento e una gran tenuta dell’accordatura. Sulla stessa paletta c’è il marchio del brand più alcuni simboli floreali, mentre sia capotasto che selletta sono in Tusq bianco. Sul top non è presente il battipenna, e la rosetta attorno alla buca è realizzata semplicemente in noce con fili bianchi; soluzione già vista su modelli Maton, che adoro per semplicità costruttiva. Il manico è in mogano con una sezione tondeggiante e, considerando che la scala dello strumento è di soli 590 mm, la comodità nel suonare è immediata. Per concludere la descrizione, la chitarra ha una finitura satinata ben applicata e senza alcun tipo di sbavatura, presenta il secondo bottone per la tracolla, è amplificata ed è fornita di serie di una comodissima custodia morbida imbottita. Sicuramente, considerando il reale prezzo di acquisto, la chitarra è costruita molto bene, con una pulizia e precisione negli innesti sopra la media. Venti o trent’anni fa, per una cifra simile, ci si comprava un giocattolo o poco più; mentre oggi, grazie al mercato asiatico, ci portiamo a casa un vero strumento ben costruito e dal buon suono. Come al solito, armato del mio fido plettro, inizio a saggiare le qualità acustiche di questa mini Crafter. E rimango colpito presto dai risultati ottenuti. Inizialmente devo prendere un po’ di confidenza con le dimensioni reali della chitarra. Ma, grazie al setup di fabbrica (anche se migliorabile) e alla suonabilità, il divertimento non tarda ad arrivare. Strumming e flatpicking sono il suo pane, con una resa più che convincente, con medi e alti in evidenza, ma ricchi e caldi. Il volume e il sustain sono molto buoni, come pure la dinamica e, grazie al riverbero naturale, la mia creatività è andata alle stelle. No, non sto scherzando. Questa piccola Crafter fa sul serio. Il sistema di amplificazione integrato è l’S-1 Preamp a una via con piezo sottosella, realizzato direttamente in azienda. Come controlli prevede due rotelline e un mini interruttore adiacenti dentro la buca, per niente invasivi. Le rotelline gestiscono volume generale e tono, mentre l’interruttore Clarity modifica con una semplice pressione la curva di equalizzazione, schiarendo il timbro quando ne sentiamo il bisogno. Decisamente più che buono nella resa: anche se si tratta di un solo piezo, i risultati sono sopra ogni aspettativa con un suono equilibrato, maturo e sfruttabile. Questa piccola Crafter piacerà a molti, soprattutto a chi è in cerca di uno strumento economico, da portare ovunque, pratico per viaggiare e – non ultimo – dalle buone caratteristiche sonore. Da provare. marcoalderotti1966@gmail.com Strumento gentilmente concesso per la prova da Niccolai Grandi Magazzini della Musica di Vicopisano (Pisa ) Scheda tecnica Crafter Mino/Walnut Tipo: chitarra acustica mini elettrificata Costruzione: Cina Distributore: www.fbt.it Top: abete (massello) Fasce e fondo: noce (laminato) Manico: mogano Tastiera e ponte: ebano Traversino e nut: Tusq bianco Meccaniche: Grover nichelate a ingranaggi scoperti Elettronica: S-1 Preamp Scala: 590 mm Prezzo: € 379 (IVA inclusa) L'articolo Crafter Mino/Walnut proviene da Fingerpicking.net.
(di Dario Fornara) – «K•Tar è un accordo, è l’amicizia appassionata tra la liuteria, la sua esperienza, la profonda conoscenza della materia, unite all’imprenditorialità, all’impostazione organizzativa, alla passione per l’eccellenza. Grazie a questo incontro ha origine K•Tar, un modo nuovo di realizzare strumenti acustici di altissima qualità. K•Tar nasce da un desiderio: arrivare all’essenza del suono acustico.» Questo si legge e così si presenta K•Tar sul proprio sito Web, una nuova giovane realtà italiana che abbiamo avuto modo di conoscere durante l’ultima edizione di Mondomusica a Cremona. La fiera è stata una buona occasione per provare alcuni modelli esposti, oltre che per fare due chiacchiere con Michele della Giustina, apprezzato liutaio italiano che ha collaborato alla realizzazione di questo progetto. Gli strumenti K•Tar si pongono sul mercato tra gli strumenti di alta qualità, e per questo motivo abbiamo pensato meritassero un test più approfondito, in una location che mi permettesse di dedicare loro maggiore attenzione. Ringrazio quindi Alessandro Moro, titolare dell’azienda, che mi ha portato direttamente a casa le chitarre per questo articolo, e al quale ho anche rivolto alcune domande che, come sempre, ho il piacere di condividere con tutti voi. La prima chitarra in prova è il modello K3 Ziricote, uno strumento realizzato interamente con legni masselli di primissima qualità: abete rosso italiano per la tavola armonica e ziricote per fondo e fasce. Colpisce da subito l’essenzialità del progetto, che non concede nulla di superfluo alla linea bilanciata ed elegante delle forme della cassa e della paletta, forme che mi piacciono senza riserve, ma che entrano inevitabilmente nel campo del gusto personale. La chitarra è rifinita ad olio e cera, una soluzione che forse – rispetto ad una high gloss finish – penalizza visivamente la qualtà dell’oggetto, ma che è stata dichiaratamente adottata per migliorarne la resa acustica. Il lavoro di assemblaggio e di rifinitura è impeccabile, l’utilizzo di macchinari e in generale delle più moderne tecnologie, assieme al lavoro di mani qualificate, permette di realizzare strumenti praticamente perfetti: un connubio che, se sapientemente utilizzato, porta un grande valore aggiunto in termini di qualità finale del prodotto. La K3 è un nuovo modello, ha una forma originale che sta a metà tra una dreadnought e una grand auditorium, una ‘taglia’ versatile che rende lo strumento adatto sia alla tecnica fingerstyle che al flatpicking. Il manico in mogano khaya dell’Honduras è realizzato in pezzo unico (tacco e paletta non sono riportati), ha una sezione tonda e contenuta, e una tastiera in ebano con tastini ‘affogati’ (le estremità quindi non sporgono pur non essendo stati utilizzati binding di alcun tipo): caratteristiche che lo renderanno confortevole per la stragrande maggioranza dei chitarristi che avranno il piacere di provarlo. Si apprezza in modo particolare il diapason corto da 640 mm, che riduce la tensione delle corde, creando il giusto compromesso tra suonabilità e resa acustica dello strumento; anche quando si utilizzano delle accordature aperte, senza penalizzarne in alcun modo la timbrica. La larghezza del nut misura 43 mm, un po’ pochi per le mie dita, che preferiscono avere maggiore spazio di manovra; come anche al ponte, dove misuro 55 mm tra la prima e la sesta corda, una soluzione che rispecchia sicuramente uno standard per molti costruttori, ma che trovo personalmente poco in linea con la modernità generale del progetto. La paletta (che trovo bellissima e dal disegno originale marcatamente ‘veneto’!) monta delle meccaniche Gotoh aperte, stile butterbean, belle e funzionali; presto saranno disponibili le nuove meccaniche originali K•Tar, esposte in anteprima alla fiera di Cremona, un altro progetto che meriterebbe appena possibile un articolo di approfondimento. Il suono della K3 è definito e bilanciato, l’intonazione è chirurgicamente perfetta lungo tutta la tastiera, il volume generoso riempie l’ambiente e non posso che apprezzarne la timbrica complessa, ricca di armonici e di sustain, qualità che mi permettono di suonarci in modo dinamico e rilassato. La chitarra sembra prediligere i generi più moderni, sia con tecnica fingerstyle che flatpicking, dove è necessaria una timbrica aperta e riverberante. Ma è la versatilità a rappresentare il suo punto di forza, per cui mi sento di consigliarla a tutti i chitarristi che con una chitarra alla fine ci devono suonare un po’ di tutto; e non è cosa da poco! Provo la seconda chitarra, il modello K3 Walnut, che si differenzia dalla prima per la scelta del legno utilizzato per la costruzione della cassa: in questo caso infatti il fondo e le fasce sono in un figuratissimo noce. Vale quanto già descritto precedentemente per quanto riguarda costruzione generale e qualità delle finiture, mentre il timbro, come prevedibile, risulta completamente diverso. Al riguardo trovo molto interessante la scelta di proporre uno stesso unico modello in svariate varietà di legni, una scelta intelligente che – sfruttando la bontà del progetto di base – riesce ad offrire al cliente finale una grande varietà di timbriche differenti! La K3 con fondo e fasce in walnut ha un suono potente, caldo e morbido. È perfetta per accompagnamenti in strumming, dove genera un timbro delicato ed elegante, ma decisamente suggestivo per il fingerstyle. Il volume è impressionante, superiore a quello della sorella; i medi sono leggermente meno incisivi, ma i bassi sono strepitosi seppure mai invadenti. Una chitarra che ti vibra letteralmente addosso, un piccolo pianoforte con una timbrica ‘nuova’ e difficilmente catalogabile. La K3 Ziricote e la K3 Walnut sono due strumenti molto differenti e proprio per questo entrambi desiderabili, che mi lasciano con la grande curiosità di poter esplorare in futuro tutte le altre combinazioni di materiali disponibili. Le chitarre sono amplificate con un sistema attivo L.R. Baggs, un sistema assai conosciuto e sul quale non mi dilungo a descriverne pregi e difetti. Sulle K•Tar in esame garantisce una buona riproduzione acustica, forse in questo caso un po’ troppo propensa al feedback, ma sicuramente di buona qualità. Entrambi gli strumenti sono dotati di una bella custodia rigida (bianca!) della Hiscox. Il prezzo d’acquisto è impegnativo, ma la qualità c’è tutta. Oltre al vantaggio di poter scegliere, e sicuramente trovare, la propria chitarra ideale per sonorità e feeling tra tutte quelle disponibili: ovvero quelle della serie EU, con fondo e fasce in legni europei come il pero, il noce o l’acero; quelle della serie EX con fondo e fasce in granadillo, Santos o ziricote; e quelle meravigliose della serie XX con fondo e fasce in cocobolo, Madagascar o Rio! Dario Fornara dariofornara1@alice.it www.dariofornara.it Scheda tecnica K•Tar K3 Tipo: chitarra acustica amplificata Produzione: K•Tar Acoustic Experience – Via Venezia 21/A, Vazzola (TV) – Tel. +39 (0) 438 28315 www.ktar.it office@ktar.it Tavola armonica: abete rosso italiano massello Fondo e fasce: ziricote massello, curly walnut massello Manico: mogano khaya dell’Honduras Diapason: 640 mm Intercorda: nut 37 mm, ponte 55 mm Sistema di amplificazione: L.R. Baggs Meccaniche: Gotoh ‘Butterbean’ Custodia: Hiscox Prezzo: contattare K•Tar L'articolo K•Tar K3 proviene da Fingerpicking.net.
(di Giuseppe Tropeano) – Correva maggio 2019 quando sono stato invitato a suonare all’Acoustic Crossroad di Tolentino, un nuovo festival con fiera annessa, ambientato in una location mozzafiato. Tra i vari espositori presenti, c’era Aramini Strumenti Musicali che, come sempre, espone con grande eleganza e abbondanza di strumenti. I marchi presentati erano quelli ai quali il pubblico è molto affezionato, con i grandi classici di ogni casa e anche delle belle novità. Tra queste, scopro che stanno presentando al pubblico un marchio nuovo per il mercato italiano: Martinez Guitars, una linea di strumenti con corde in nylon dal look accattivante. Così, mentre guardo incuriosito, vedo ‘lei’ e subito l’allarme GAS entra in funzione, con tanto di lampeggianti e sirene accese! Una chitarra dalla forma un po’ strana, senza la classica buca da classica (scusate il bisticcio di parole), 14 tasti fuori dalla cassa, corde in nylon e interamente costruita con un legno che a prima vista sembra mogano, ma che poi scopro essere ovangkol massello (un legno di origine africana). Queste caratteristiche sarebbero sufficienti a intrigare anche il meno curioso dei chitarristi… ma c’è dell’altro: la cassa armonica è stretta e con una spalla mancante che permette l’accesso al XXIV tasto (sì, sì, avete letto bene: XXIV tasto!). Sulla fascia superiore c’è una soundport e anche il preampliflicatore Fishman Presys con microfono e piezo miscelabili a piacere, notch filter, EQ e accordatore. Molto particolare la piccola buca frontale a forma di ‘baffo’ posizionata alla fine della tastiera in ebano. Scopro inoltre che Martinez costruisce questo modello in altre due versioni, che si differenziano per i legni utilizzati: una versione con fasce e fondo in acero e tavola in abete; e l’altra sempre con tavola in abete ma con fasce e fondo in palissandro. Posso confessarvi un segreto? Avevo paura di suonarle, per due motivi: il primo è che non volevo si rivelassero una delusione una volta prese in mano; l’altro è che, se non si fossero rivelate una delusione, l’infatuamento si sarebbe trasformato in amore… aiuto! Comincio a suonare quella in ovangkol, la MSCC-14OV. Chi, come me, non è abituato alle chitarre crossover, ha bisogno di un paio di minuti per prendere le misure della tastiera da 48 millimetri al capotasto: una via di mezzo tra le misure di una classica e quelle di un’acustica. Il suono è bello rotondo e caldo, con tanti colori. Il volume è sorprendente considerando che la cassa è profonda solo 6,5 cm. La chitarra è divertentissima, non si riesce a smettere di suonarla. È perfetta per suonarci in fingerstyle. E quindi come posso resistere dal fare tutti i brani che conosco di Jerry Reed? Appunto, non posso! E finiti quelli? Scott Joplin! Provo anche le altre due: quella con fasce e fondo in acero, la MSCC-14MS, è totalmente diversa – a livello timbrico, ovviamente – dalla precedente: il suono è sempre molto morbido, anche se molto più chiaro. La soundport aiuta tantissimo nel ‘monitoraggio’ del suono, e devo dire che è proprio piacevole riuscire a percepire il proprio timbro così come viene fuori dallo strumento invece che ascoltarlo ‘da dietro’. Nota dopo nota, mi rendo conto che il feeling restituito da questi strumenti è di assoluta comodità per entrambe le mani. Mi manca da provare quella in palissandro e abete, la MSCC-14RS , ‘potenzialmente’ la mia preferita. E già dalle prime note viene promossa da potenzialmente a ‘sicuramente’ la mia preferita. Ha un volume che definirei ‘assurdo’ (sempre rapportato alle misure della cassa) e ogni nota ha un attacco molto preciso. Il suono è brillante con dei bassi molto, molto pieni e corposi. La chitarra risponde a tutte le dinamiche richieste e, anche ad ogni spostamento della mano destra, corrisponde un timbro differente. Un altro particolare importante, che avvicina queste chitarre al ‘mondo moderno’, è il fatto che la tastiera e il ponte non sono piatti come nelle chitarre classiche tradizionali, ma presentano un ‘radius’: questo permette di aggiungere un altro ‘segno +’ alla voce comfort. Queste Martinez modello Performer non sono i primi strumenti senza la buca che provo, ma di sicuro non fanno altro che confermare la sensazione avuta anche con gli altri: suonano bene. Il fatto che le vibrazioni della tavola non vengono interrotte dall’assenza del legno tolto per fare la buca, secondo me, ha un riscontro più che percepibile nel momento in cui si inizia a suonare. Giuseppe Tropeano Scheda tecnica Martinez Performer Tipo: chitarre classiche crossover con spalla mancante Distributore: www.aramini.net Fasce e fondo: a scelta fra ovangkol, acero o palissandro (legni massello) Tavola armonica: a scelta fra ovangkol o abete (legni massello) Ponte: palissandro indiano Manico: mogano Tastiera: ebano Diapason: 650 mm Larghezza capotasto: 48 mm Truss rod: regolabile a doppia azione Pick up: Fishman Presys con accordatore Meccaniche: Martinez dorate M1-P12S4 Custodia morbida: AC-MGB20 inclusa Finitura: high gloss poliuretanica Prezzo di listino: da € 1190 a 1270 (IVA inclusa) L'articolo Martinez Performer proviene da Fingerpicking.net.
Al Winter Namm Show 2020 Martin ha presentato la SC-13E, un modello davvero particolare e ricco di innovazioni concettuali: cassa asimmetrica, X-Bracing sul fondo, manico smontabile e regolabile, forma del corpo particolarmente ergonomica e con accesso facilitato al fondo della tastiera. Se Martin, che di fatto da sempre stabilisce il ‘termine di paragone’ quando si parla di chitarre flat top, è costantemente alla ricerca di innovazioni, non può che essere un fattore importante e stimolante per tutto il comparto. Ma… c’è un ‘ma’ ovviamente… Il sistema di fissaggio e allineamento del manico, denominato Sure Align Neck System e sviluppato da una terza parte, probabilmente frutto dello sviluppo dei progetti di Babicz acquisiti da Martin tempo fa, nel nostro paese ha immediatamente ‘ricordato’ a molti il sistema FastLOCK sviluppato da Eko e montato sulla serie MIA, ma non solo, per parecchi anni. L’inventore del FL – e depositario del brevetto internazionale – Remo Serrangeli, non è certo uno che le manda a dire e da settimane, su social e siti vari, sta esprimendo una certa ‘irritazione’ in merito. In attesa di poter mettere le mani sulla chitarra in questione e poter esprimere un parere ‘sensato’ (ma difficilmente se ne parlerà prima dell’estate) una certa curiosità al riguardo mi ha spinto ad approfondire un po’ l’argomento. Anzitutto bisogna ammettere che Martin ha messo pochissime informazioni sull’argomento in rete, e soprattutto nessuna specifica tecnica. Sicuramente dipende dal fatto che il sistema è ancora Patent Pending, quindi in corso di deposito, e hanno voluto tutelrsi in questo senso. Da quel poco che sono riuscto a sbirciare in rete su foto e video promozionali, l’idea che mi son fatto è che le similitudini siano tante quante le differenze: una su tutte l’utilizzo di uno shimmer di spessore variabile da posizionare sotto il tacco per la variazione dell’angolo del manico. Certo la curosità è molta, non vedo davvero l’ora di metterci le mani sopra… Mario Giovannini L'articolo Martin copia Eko? proviene da Fingerpicking.net.
È online il numero 01/2020 di Chitarra Acustica, di cui potete leggere l’editoriale di presentazione e che potete sfogliare, scaricare o richiedere nella sua versione cartacea su fingerpickingshop.com o nei migliori negozi di strumenti musicali. La cassa veloce (di Reno Brandoni) – Molti di voi sanno di cosa parlo. La vita del musicista in parte si svolge all’interno di un supermercato. Almeno la mia. Non avendo orari fissi di lavoro, il tempo può essere gestito con flessibilità e così, di solito, l’onere dell’approvvigionamento ricade sui più ‘fannulloni’, quelli che nella loro vita hanno imparato l’arte e non l’hanno messa da parte. È vero, anche gli impiegati e i professionisti, obbligati da orari perentori, si dedicano a questa attività. Alcuni con piacere, altri costretti dalla moglie – solitamente il sabato – che pretende una più partecipata condivisione della vita familiare. Ma questi ultimi li riconoscerete subito: sono comunemente quelli dal carrello con la ruota difettosa, annunciati dal rumore fastidioso che generano durante il percorso, accompagnati dal brontolio della compagna ed evitati per l’imponderabilità della traiettoria del loro mezzo di raccolta. La differenza evidente tra le due specie di homo domesticus si percepisce dalla quantità di prodotti che giacciono nel carrello. I primi, i ‘nullafacenti’, hanno pochi articoli: giusto il necessario per completare la giornata; gli altri, invece, si muovono raccogliendo il necessario per l’intera settimana o – peggio – per uno o più mesi, vista l’incalcolabile quantità di mercanzie che trascinano a fatica verso le casse per saldare il loro debito. Finalmente, le casse. Per noi, supermarket addicted, il momento del pagamento è cruciale: è l’attesa snervante, che ci fa sentire dilapidatori di tempo essenziale. Il giro tra gli scaffali, lo viviamo in maniera produttiva: è un momento di ricerca e analisi, che ci rende partecipi del consumismo e della società, che spesso dimentichiamo persi dietro alle nostre chitarre. Diciamo che è una momentanea immersione nella realtà. La sosta per il pagamento, invece, trasforma in ansia e nervosismo questa quotidiana abitudine, rendendola insopportabile e spesso impraticabile. Lo spirito del commercio, come sapete, non si arrende. E analizza con precisione ogni bisogno, pronto a soddisfarlo per rendere l’esperienza della spesa la più piacevole possibile. Ecco allora l’invenzione del secolo, la ‘cassa veloce’, accompagnata da un sottotitolo che farà comprendere a tutti come sia stata inventata esclusivamente per noi adepti quotidiani alle spese essenziali: «max 15 pezzi». La distinzione tra pezzi e articoli deve essere ben chiara a tutti. Se prendo tre pacchi di fusilli, sono tre pezzi, nonostante si riferiscano a un solo e unico ‘codice articolo’. Questa precisazione è essenziale, perché spesso le nostre ‘casse veloci’ sono assaltate da furbetti, che trovano le mille e una scusa per rendere compatibili i loro acquisti con l’imperativa selezione ordinata da quel «max 15 pezzi». C’è il tipo dell’uno in più: «Quindici o sedici che differenza fa?» Fa, fa! E ci sono quelli che viaggiano ‘borderline’, sollevando delle eccezioni che mettono in discussione tutto il sistema: «La confezione con sei bottiglie di acqua è un pezzo o sei pezzi?» Le teorie si dividono in vari teoremi: c’è chi sostiene che vale il numero di barcode sparati, che in questo caso sarebbe unico; c’è invece chi ribadisce la teoria dei pezzi: sei bottiglie sono sei pezzi. Le eccezioni rappresentano varchi alle regole: se non si può confermare un principio, allora tutte le violazioni del principio stesso sono valide. C’è anche chi interviene sostenendo che a questo punto il pacco da centocinquanta cotton fioc non potrebbe mai essere acquistato; ma viene subito ignorato per il fatto che… è un bassista: lo si capisce dalla statura, dalla curvatura della schiena e dalle osservazioni che fa… ovviamente ‘fuori tempo’. Nel supermercato che frequento si è creata una specie di ‘dogana’: un controllo attento ai carrelli della spesa che si avvicinano alle casse veloci, cercando di portare ordine e disciplina all’interno del market, e rendendo meno traumatica l’esperienza del pagamento. Per quanto impegno ci si metta, però, il risultato è modesto per mancanza di un’autorità che punisca severamente i trasgressori. Così, soprattutto il sabato, le file di carrelli con ben più dei quindici pezzi permessi si affollano davanti alle ‘casse veloci’, rendendo inutili i disperati comunicati della dirigenza del luogo: «Apre cassa 4», «Cassa 7 è libera». I carrelli sono tutti in fila per godere di quel rivoluzionario sistema di pagamento e per dimostrare che, in barba alle regole, nessuno potrà ostacolare un diritto se il divieto non è giuridicamente sancito e disciplinato. Perdendo di vista il più importante e fondamentale principio della nostra civiltà: l’educazione. L’eloquente esempio delle ‘casse veloci’, si può applicare a molti dei momenti che viviamo nella nostra confusa quotidianità. Quest’estate ero tra il pubblico durante un fantastico ed emozionante concerto. Era pomeriggio e il concerto, gratuito, si teneva in una romantica laguna al calar del sole. Tutti in silenzio seduti a terra, eravamo in trance catturati dalla musica, quando un signore – neanche tanto giovane – si è posizionato al centro della platea. In piedi e con le braccia conserte, osservava beato la performance. Una gentile ragazza dell’organizzazione si è avvicinata e, con fare elegante, gli ha chiesto gentilmente di spostarsi e sedersi. Il signore, sgarbatamente, ha domandato alla ragazza chi era lei, per poter dare a lui quell’ordine. Nessuna legge gli impediva di stare in quella posizione, pertanto non si sarebbe spostato. Si vedeva che il signore era molto ‘colto’: doveva avere a casa almeno la connessione a Internet da 1 gigabyte e uno smartphone sempre connesso, con almeno 50 gigabyte di traffico garantito. La ragazza si è rotirata in buon ordine, con le guance rosse per la vergogna. La distinzione tra regola e diritto è fondamentale: la prima ha a che fare con la morale e l’etica; la seconda con il divieto e il permesso. Ora, dire che ciò che non è vietato è permesso, può risultare ‘saggio’, ma spesso è inopportuno. Laddove il limite diventa impraticabile, bisognerebbe introdurre le regole del buon senso e del rispetto, che mi pare si siano smarrite da tempo. Reno Brandoni L'articolo È online “Chitarra Acustica” n. 01/2020 proviene da Fingerpicking.net.
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